WiMIT incontra Barbara Bernardi
Barbara Bernardi è Project Adviser in CINEA - European Climate, Infrastructure and Environment Executive Agency - e Chair di Women in CINEA Network, nonché membro di WiMIT - Women in Mobility, Infrastructure, Transport.
Originaria di Bologna, ha lasciato l’Italia nel 2004 per realizzare il suo sogno di carriera all’interno delle istituzioni europee. Dopo un inizio in EIM European Rail Infrastructure Managers ed in Eurocities, Barbara approda in Commissione Europea, in Consiglio e poco dopo in CINEA. Dopo 8 anni nel coordinamento del Corridoio TEN-T Reno-Danubio, Barbara ricopre oggi il ruolo di Project Adviser nel settore dei carburanti alternativi, occupandosi in particolare di idrogeno e decarbonizzazione degli aeroporti.
Da quasi un anno Barbara è anche Chair del Board di Women in CINEA, il gruppo che dà voce ai temi di diversità, inclusione ed equità in Agenzia.
Il suo motto è “never give up and do not be afraid to fall”. Qualsiasi situazione si presenti, quando si è a corto di energie, l’importante è fermarsi, riprendere fiato e ripartire e, se necessario, intraprendere un nuovo viaggio!
“Mia madre mi ripeteva sempre che per vedere la città dall’alto bisogna recarsi all’ultimo piano del palazzo. Mentalmente lo faccio ancora oggi, per cercare di mettere insieme i pezzi, collegare i puntini e trovare la visione d’insieme nei momenti di difficoltà.”
Barbara, cosa ti ha spinto a lavorare nel settore dei trasporti?
In realtà, non avendo una formazione di base tecnica, mi sono affacciata al mondo dei trasporti in maniera piuttosto casuale.
Aspirando inizialmente ad una carriera diplomatica, dopo avere conseguito una laurea in "Relazioni internazionali" all’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna ed una laurea di ricerca in "Politica estera di sicurezza comune", nel 2002 decisi di lasciare l’Italia per proseguire il mio percorso di studi e prepararmi ad una carriera all’interno delle istituzioni europee.
Con una scelta abbastanza controcorrente, decisi di frequentare il @Collegio d'Europa in Polonia - e non in Belgio - perché desideravo esplorare di persona il processo d’implementazione dell’acquis comunitario nei paesi dell’est, a valle dell’allargamento dell’Unione. Questa esperienza nei paesi dell’est sarà l’inizio di un fil rouge che segnerà il mio percorso professionale.
Completato il Collegio, nel 2004 mi trasferii a Bruxelles con il sogno nel cassetto di entrare in Commissione Europea. Il mio obiettivo però non era quello di lavorare nelle politiche settoriali tecniche, ma negli affari internazionali.
Il caso ha voluto che, su segnalazione del mio migliore amico, presentassi domanda per diventare Communication Manager di EIM European Rail Infrastructure Managers, l’associazione di categoria dei gestori europei di infrastruttura ferroviaria. Fui selezionata, e così iniziò il mio percorso nell’ambito dei trasporti.
Qual è stato l’impatto nel lavorare in un settore così diverso da quello per il quale ti eri formata?
Il settore ferroviario era, ed è ancora oggi, un settore molto maschile. Eravamo in otto in ufficio ed io ero la più giovane e l’unica donna. I miei colleghi avevano dai 40 ai 60 anni e all’inizio mi guardavano con un po' di scetticismo.
Ho avuto però la fortuna di incontrare un senior manager che mi ha presa per mano e mi ha insegnato tutto ciò che un giovane di 25 anni può non sapere: che cos’è la politica dei trasporti europea, come si fa lobby presso le istituzioni europee, come si scrive un emendamento, come si prepara una riunione del board, etc.
Mi faceva anche gestire il budget dell’associazione per prepararmi alla gestione dei grossi progetti infrastrutturali.
In sei mesi ho capito che quello era un ambito in cui un temperamento come il mio poteva funzionare e mi sono appassionata alle politiche settoriali dei trasporti perché ne vidi la ricaduta sociale.
E come sei approdata in Commissione Europea?
Dopo l’esperienza in EIM, entrai in Eurocities, il network delle città europee, in cui ho lavorato per circa due anni.
Anche lì, il caso ha voluto che in quel periodo - parliamo del 2008 - la Commissione stesse preparando il primo Green Paper sul trasporto urbano dal titolo “Verso una nuova cultura della mobilità urbana” e chiese a noi di Eurocities di collaborare alla scrittura del documento. Fu un’esperienza incredibilmente interessante.
Successivamente, feci il primo concorso per entrare in Commissione da ausiliario e diventai Transport Programme Manager in EuropeAid, quello che attualmente si chiama DG NEAR ed è il Direttorato della Commissione che si occupa delle politiche di vicinato. Mi occupavo di finanziamenti ai trasporti per i paesi dell’est e dell’ex Unione Sovietica.
Purtroppo però, all’epoca i contratti con la Commissione duravano solo tre anni e scaduto quel periodo di tempo mi ritrovai senza lavoro.
Come hai superato questo momento e proseguito quindi la tua carriera?
Ho impiegato ben un anno per rientrare nell’ambito lavorativo! È stato un momento della mia vita durissimo anche perché in quel periodo è mancata mia madre. Mi sono ritrovata ancora molto giovane, con un padre rimasto vedovo in un altro paese ed un mutuo da pagare a Bruxelles, e una grande voglia di rimanere lì, perché ormai quella era diventata casa.
Mi sono interrogata parecchio sulla necessità di rientrare in Italia per non lasciare da solo mio padre, ma ho avuto la fortuna di avere due genitori che mi hanno sempre supportata, e quindi sono rimasta. Anche perché il richiamo di Bruxelles era troppo forte.
Dopo un anno di faticosi tentativi, in cui arrivavo sempre seconda nelle varie selezioni nonostante ormai avessi un curriculum settoriale molto forte, riuscii ad entrare nel Consiglio Europeo, l'istituzione che definisce gli orientamenti politici generali dell'Unione. Lì ho iniziato ad occuparmi con passione del pacchetto legislativo sul Regolamento delle reti trans-europee di trasporto TEN-T. La mia permanenza in Consiglio però durò poco perché fui subito chiamata da CINEA - European Climate, Infrastructure and Environment Executive Agency che mi offrì un contratto stabile da funzionario.
Entrata in CINEA ho ricoperto per otto anni il ruolo di Coordinatrice tecnica del corridoio TEN-T Reno-Danubio. Da circa un anno ho cambiato posizione e attualmente mi occupo di carburanti alternativi ed in particolare di idrogeno e di decarbonizzazione degli aeroporti. Anche qui mi sono ritrovata all’interno di un gruppo di esperti tecnici, ed ho dovuto imparare tante cose che non conoscevo.
Da circa un anno sono anche diventata Chair of Women in CINEA, il gruppo che dà voce alle donne che lavorano nell’agenzia.
Un percorso non facile quindi. Quali sono le principali difficoltà che hai dovuto affrontare?
La prima difficoltà è sicuramente essere entrata in questo settore con una formazione di base non tecnica e quindi con un curriculum non coerente a quello che ci si aspetterebbe. Ho dovuto lavorare sodo e affiancarmi con umiltà ai colleghi più esperti di me per imparare ciò che non sapevo. Ma ho sempre compensato le mie mancanze mettendo a disposizione le competenze che avevo maturato durante il mio percorso formativo e le mie precedenti esperienze.
La seconda difficoltà è legata al dover lavorare dentro un mondo - quello della politica europea dei trasporti - che viaggia su binari ben precisi, con delle procedure molto rigide che è complicato cambiare anche quando si dimostrano inefficaci.
La terza difficoltà è stata riconoscere il momento giusto per il cambiamento di ruolo. Quando lavori con passione in un certo ambito e per un lungo periodo di tempo, tendi a confondere il risultato che produci con qualcosa che ti definisce. Questo mi ha portato a lavorare per otto anni nella stessa posizione, nonostante non riuscissi a progredire nella carriera.
Sulla base della mia esperienza, un messaggio che voglio dare a tutte le donne, ma soprattutto alle ragazze più giovani è: abbiate il coraggio di cambiare e di lasciare quelle posizioni dove non avete prospettiva di carriera.
Di quali successi sei più orgogliosa?
Nei miei otto anni da coordinatrice del Corridoio TEN-T Reno Danubio sono riuscita a costruire una comunità di stakeholder connessa, trasparente, che comunica e che si fida delle istituzioni europee. Non puoi fare oggi un lavoro di politica europea senza creare il level playing field sulla base di dialogo e fiducia. E la dimostrazione del mio successo è nel fatto che la comunità funziona molto bene ancora oggi, anche senza di me. Mi piace pensarne come ad un bambino che è cresciuto e cammina con le sue gambe.
Il secondo successo di cui vado fiera è quello di avere contribuito alla crescita professionale di tre giovani stagiste - guarda caso tutte donne - che poi sono diventate personale di ruolo in CINEA. Mi piace essere mentor di giovani colleghi e aiutarli a sviluppare le loro potenzialità individuali. Nel farlo però, confesso che ho dovuto lavorare su me stessa per sforzarmi a non fare da “mamma protettiva” ma lasciare loro la possibilità di sbagliare. Ritengo infatti che un leader debba creare un ambiente lavorativo sereno, in cui sia possibile sbagliare ed imparare dai propri errori.
Ci sono molte donne in CINEA?
C’è una buona presenza femminile, in generale un 40%. Il numero delle donne è aumentato soprattutto negli ultimi tre anni, ma – sebbene nella mia unità si sia già raggiunto - a livello di agenzia non abbiamo ancora un gender balance. Soprattutto nelle alte gerarchie siamo ben lontani dalle soglie stabilite dalla Strategia per l’Uguaglianza di Genere della Commissione. Va un po' meglio nel middle management.
Si respira però aria di cambiamento e adesso, quando mi ritrovo a fare colloqui per nuovi candidati, noto con piacere che il numero delle donne è aumentato significativamente, e incontro sempre più donne con background tecnico. È un segnale molto positivo.
Che attività svolge Women in CINEA, sia all’interno che all’esterno dell’Agenzia?
Da quando ho assunto il ruolo di leader del gruppo, ho messo da subito in chiaro che non mi interessa avere nel board persone che partecipano solo per mettersi in evidenza e cogliere future opportunità di carriera.
Con Women in CINEA ho voluto creare uno spazio sicuro, in cui persone di tutti i livelli, non solo donne ma anche i membri della comunità LGBT, possano raccontare in serenità la loro esperienza e parlare delle loro esigenze. Sono molto contenta che anche i membri LGBT partecipino al gruppo perché vuol dire andare verso un’inclusività più ampia, che è quella che mi interessa maggiormente.
Le attività interne che svolgiamo sono di diversa natura, a volte magari anche fortemente innovative e controcorrente, soprattutto quando ci occupiamo di temi che sono ancora ritenuti da molti un tabù. Ma questo non ci ferma. Tra le attività che stiamo sviluppando al momento c’è anche un training per istruire coloro che si occupano di selezione del personale in CINEA su come evitare bias di genere durante il recruiting.
Tra le attività esterne, abbiamo partecipato alla campagna “Three steps forward” dell’European Institute for Gender Equality (EIGE), in cui abbiamo rimarcato l’importanza dell’uguaglianza di genere per raggiungere gli obiettivi del Green Deal. È dimostrato infatti che la presenza delle donne nei vertici dirigenziali porta le compagnie a investire in progetti a minore impatto ambientale.
Stiamo poi organizzando una sessione specifica per il prossimo evento “Connecting Europe Days” di aprile per discutere del ruolo dell’uguaglianza di genere nella green transition.
Che consigli daresti ad una giovane te stessa per prepararla al tuo percorso?
Il mio consiglio sarebbe il classico “don’t give up”, non mollare mai e se c’è bisogno “cambia il mezzo di trasporto ma non abbandonare mai il viaggio”.
Sbarcata a Bruxelles nel 2004, avrei avuto bisogno di qualcuno che mi dicesse: “Guarda Barbara, ci saranno momenti in cui andrà male. Preparati a cadere e a rialzarti”. E quelle tante cadute mi hanno fatto molto bene!
Dopo i miei primi successi lavorativi a Bruxelles, mi sentivo invincibile, quasi in modo arrogante. Essere poi rimasta per un anno senza lavoro e dovere affrontare contemporaneamente il lutto per la perdita di mia madre è stato durissimo, ma mi ha aiutata molto a crescere e a riconnettermi con la vita.
E quindi il consiglio che mi darei è: ci saranno momenti difficili, ma quando sarai in difficoltà, cerca di rigenerarti con altro - riposare, viaggiare, incontrare amici - ma non mollare mai. E se hai la fortuna di avere un network di giovani donne che possono ascoltarti e coccolarti, non avere paura di chiedere loro aiuto.
Altro consiglio che mi darei è: vai avanti per la tua strada e non curarti del giudizio degli altri. La tua unicità sarà sempre la tua arma vincente.
Come sei entrata in contatto con WiMIT e cosa ti ha spinto a farne parte?
Sono stata contattata da una componente del gruppo ed ho subito risposto con entusiasmo, anche forte della mia esperienza come leader di Women in CINEA. Credo che ci sia bisogno di associazioni come questa in ciascun paese, e credo che il lavoro che sta facendo WiMIT sia davvero egregio, soprattutto considerando che è su base totalmente volontaria.
Come ti definiresti?
Curiosa, testarda e resiliente.
Mia madre mi ripeteva che ero sempre quella che doveva andare all’ultimo piano del palazzo per vedere la città dall’alto. Cercavo la visione d’insieme.
Ancora oggi, quando sono in difficoltà, mentalmente mi reco “all’ultimo piano del palazzo” per guardare le cose dall’alto.